Requisiti NIS2 per Continuità Operativa e Resilienza
La direttiva NIS2 (Network and Information Security 2) introduce obblighi stringenti in materia di gestione del rischio cyber e mira a potenziare la resilienza aziendale delle infrastrutture critiche in Europa. In particolare, la norma richiede alle organizzazioni essenziali e importanti di adottare misure tecnico-organizzative per garantire la sicurezza delle reti e sistemi informativi e per assicurare la continuità dei servizi in caso di incidenti. Tra i requisiti chiave previsti (Art. 21) vi sono:
- Politiche di analisi del rischio e sicurezza delle informazioni, con approccio “all-hazards” (onnicomprensivo) che considera tutte le minacce rilevanti (cyber, fisiche, ecc.) ai sistemi e al loro ambiente operativo.
- Gestione degli incidenti (incident handling), includendo procedure di rilevazione, risposta e notifica degli incidenti significativi.
- Continuità operativa e gestione delle crisi, ad esempio attraverso adeguata gestione dei backup e piani di disaster recovery, per poter ripristinare le funzioni critiche dopo eventi distruttivi. La direttiva impone infatti l’adozione di piani di Business Continuity per garantire l’operatività in caso di incidenti, richiedendo di mappare i processi critici, testare regolarmente i piani e valutare i rischi lungo la catena di fornitura.
- Sicurezza della supply chain: occorre considerare gli aspetti di sicurezza legati ai fornitori e partner critici (diretti), valutandone le vulnerabilità e l’affidabilità, dato che un incidente informatico presso un fornitore può ripercuotersi sull’azienda stessa.
Queste misure mirano tutte a minimizzare l’impatto di eventuali incidenti sui destinatari dei servizi essenziali e sulla società, elevando la capacità di resilienza dell’organizzazione. In sintesi, NIS2 esplicita il legame con la Business Continuity riconoscendola come elemento fondamentale della sicurezza: la capacità di prepararsi e reagire a disruzioni operative è parte integrante della conformità normativa.
Perché la Business Continuity deve andare oltre l’IT
Implementare la Business Continuity in ottica NIS2 significa andare oltre la sola continuità dei sistemi IT. Storicamente, molte aziende si sono concentrate sul disaster recovery informatico, ma NIS2 sposta l’attenzione sulla continuità dei processi operativi dell’azienda nel loro complesso. In altri termini, il “punto di attenzione” non è solo ripristinare server e dati, bensì assicurare che i processi essenziali per erogare prodotti e servizi possano proseguire anche durante gravi incidenti. Ciò richiede un approccio olistico: ad esempio, un piano di disaster recovery IT da solo “non ha molto senso” se non sono stati definiti i requisiti di ripristino sulla base delle esigenze dei processi di business supportati dai sistemi.
Per questo, il primo passo è condurre una Business Impact Analysis (BIA): un’analisi d’impatto che valuta le conseguenze di un fermo dei singoli processi aziendali e identifica quali funzioni vanno ripristinate prioritariamente. La BIA aiuta a definire la tolleranza al fermo (downtime) dell’azienda, tenendo conto non solo di perdite economiche interne ma anche di impatti esterni (sociali, sulla clientela o sul territorio) che NIS2 spinge a mitigare. Crucialmente, attraverso la BIA l’azienda individua le dipendenze critiche: risorse necessarie al funzionamento dei processi, che spaziano da personale, sedi e materie prime fino ai servizi esterni e fornitori strategici. Questa mappatura delle dipendenze evidenzia punti deboli dove un guasto o un’interruzione (non solo informatica, ma anche logistica, energetica, ecc.) potrebbe arrestare l’operatività.
NIS2 pone un’enfasi particolare proprio sulle dipendenze dai fornitori critici: un attacco cyber o un malfunzionamento grave presso un fornitore può interrompere la fornitura di beni/servizi essenziali e quindi impattare la continuità dell’azienda obbligata. Non a caso la direttiva richiede di valutare ciascun fornitore diretto in termini di rischio. Ad esempio, un’azienda manifatturiera essenziale dovrà considerare cosa accadrebbe se venisse colpito il suo fornitore di componenti chiave, predisponendo contromisure (fornitori alternativi, scorte, ecc.). Allo stesso modo, un ospedale incluso in NIS2 non può limitarsi a proteggere i propri server: deve assicurarsi che anche i suoi provider di servizi digitali, di energia, di apparecchiature mediche, ecc. abbiano adeguati piani di continuità. In sostanza, per essere conformi alla NIS2 la continuità operativa va estesa a tutta l’organizzazione e alla filiera, non solo all’ICT. Del resto, la direttiva si applica all’intera organizzazione, richiedendo che tutte le aree a supporto dei servizi critici siano protette, comprese funzioni come logistica, risorse umane e supply chain. Questo approccio onnipervasivo garantisce una resilienza aziendale completa: l’azienda diventa capace di assorbire e superare gli shock operativi perché ha considerato in anticipo ogni elemento indispensabile del proprio business.
Integrazione della Business Continuity nei Piani di Conformità NIS2
Per soddisfare i requisiti NIS2, le aziende dovrebbero integrare la Business Continuity nei propri programmi di compliance e di gestione della sicurezza. Un modo efficace è adottare un Business Continuity Management System (BCMS) ispirato a best practice internazionali come la ISO 22301 e le Professional Practices del Disaster Recovery Institute International (DRI). Questi framework forniscono un approccio sistematico per costruire, attuare e mantenere la continuità operativa, aiutando a coprire proprio le aree richieste dalla NIS2. In pratica, le aziende possono:
- Eseguire una Business Impact Analysis e Risk Assessment: identificando i processi e servizi essenziali, le risorse critiche di supporto e i potenziali rischi di interruzione. La ISO 22301, ad esempio, richiede di condurre una BIA per individuare i processi time-sensitive e valutare gli impatti di uno stop, nonché di effettuare un’analisi dei rischi correlati. Ciò include valutare rischi informatici e non, e considerare scenari di crisi sia interni che lungo la supply chain (come richiesto da NIS2).
- Definire strategie e piani di continuità: sulla base dei risultati della BIA/risk assessment, sviluppare contromisure e soluzioni per mantenere operativa l’azienda anche in condizioni avverse. Questo comprende piani di continuità operativa per i processi di business e piani di disaster recovery per i sistemi IT di supporto. Lo standard ISO 22301 enfatizza proprio l’elaborazione di piani documentati per garantire continuità e ripristino entro obiettivi di tempo accettabili. È importante che tali piani coprano non solo l’infrastruttura informatica, ma anche siti alternativi, procedure manuali di emergenza, rimpiazzo di fornitori o forniture critiche, ecc., in linea con l’approccio “oltre l’IT” discusso sopra.
- Implementare una struttura di crisi e comunicazione: predisporre un team di crisi e procedure di gestione dell’emergenza (crisis management) che si attivino immediatamente quando occorre. Questo soddisfa l’aspetto di gestione delle crisi menzionato in NIS2. Best practice come quelle di DRI suggeriscono di definire in anticipo ruoli e responsabilità (es. team di comando, piani di comunicazione interna ed esterna) per evitare confusione durante un incidente.
- Formazione e consapevolezza: formare il personale sui piani di continuità e sul proprio ruolo in caso di evento avverso. Tutte le parti interessate – non solo l’IT, ma i responsabili di business unit, fornitori critici, etc. – devono conoscere le procedure di emergenza. NIS2 richiede anche pratiche di igiene cyber di base e training di sicurezza, dunque integrare la formazione BC/DR nei programmi di sensibilizzazione aziendale aumenta la prontezza generale.
- Test, esercitazioni e miglioramento continuo: un BCMS efficace prevede test periodici (simulazioni, drill, esercizi di ripristino) dei piani per verificarne l’efficacia e aggiornamenti in base ai risultati . Ad esempio, esercitazioni di disaster recovery sui sistemi IT, simulazioni di interruzione di forniture o blackout per valutare la risposta organizzativa. Le Professional Practices del DRI sottolineano l’importanza di esercitare e mantenere i piani, nonché di riesaminarli regolarmente per colmare eventuali gap emersi. Questo processo iterativo garantisce che l’azienda migliori continuamente la propria resilienza.
Seguendo queste pratiche, un’azienda integra la Business Continuity nel proprio piano di conformità NIS2 in modo concreto. La ISO 22301 fornisce un quadro certificabile per dimostrare l’esistenza di processi di continuità operativa robusti (pur non garantendo da sola la totale conformità NIS2, rappresenta una base solida) . Parallelamente, l’adesione alle linee guida DRI o simili assicura che nessun aspetto critico venga trascurato nel programma di continuità. In definitiva, implementare un sistema di Business Continuity completo – che abbraccia tecnologia, persone, sedi e fornitori – è non solo utile ma necessario per la conformità a NIS2. Esso permette di soddisfare requisiti specifici (piani BC, resilienza della supply chain, gestione crisi, ecc.) e al tempo stesso rafforza la resilienza aziendale complessiva. Le organizzazioni così preparate saranno in grado di assorbire e superare anche gli incidenti più gravi, garantendo la continuità dei servizi essenziali e tutelando clienti, partner e stakeholder – che è, in fondo, l’obiettivo primario della direttiva NIS2.